Consulta Disabilità di Roma Capitale, diritto di voto solo per associazioni e federazioni

Roma – Cambia il regolamento della Consulta Disabilità di Roma Capitale, che premierà la presenza solo di associazioni e federazioni operanti nel settore.

Rimossi invece i diritti di voto per tutte quelle persone che prendevano parte al tavolo comunale pur non facendo parte di nessuna realtà sociale, ma portando ugualmente un contributo sulle politiche della disabilità nella Città Eterna. Con il nuovo regolamento, per questi signori sarà possibile solo un intervento in qualità di uditori presso queste assemblee.

L’iniziativa voluta dalla maggioranza comunale al sostegno del sindaco Roberto Gualtieri, ha visto l’opposizione della Lista Calenda. Il movimento di Azione attraverso il consigliere municipale Giuseppe Lobefaro, ha proposto una correzione del regolamento della Consulta, chiedendo il reintegro del diritto di voto alle persone senza associazioni e includendo anche tutti quei soggetti con disabilità cognitive.

” Inclusione, partecipazione, diritti: parole d’ordine che Azione pratica nel suo lavoro quotidiano – ci racconta Lobefaro, consigliere in I Municipio per Azione -. La nostra battaglia politica nei Municipi e al Campidoglio per consentire anche alle persone singole il diritto di voto nella Consulta Cittadina per la Disabilità nasce proprio dalla conoscenza del dettato della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità e dalla consapevolezza di quanto la piena partecipazione e inclusione siano ancora obiettivi non raggiunti“.

“Credo che il lavoro da fare sia ancora lungo e non basteranno altre 17 giornate per poter festeggiare una piena parità nelle opportunità e nei diritti – conclude il consigliere municipale della Lista Calenda, in occasione della XVII Giornata Mondiale della Sindrome di Down -. A cominciare dal nome stesso di questa condizione genetica che sarebbe importante cominciare a chiamare per quella che è, Trisomia 21. Non una malattia, quindi, ma una condizione cromosomica che ci obbliga a creare un mondo più accogliente, dove la cultura della diversità sia valore aggiunto e linguaggio comune”.

 

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