Perché Giorgia Meloni non diventerà mai Premier?

Roma – Dobbiamo calmare gli animi, anche se lusinga l’idea di vedere Giorgia Meloni nella veste di Premier. Chi scrive, è cresciuto nel modello di Giorgia sul piano politico: una casa politica dove militare fino a pochi anni fa; le prime esperienze politiche importanti; un’esperienza notevole nelle fila di Azione Universitaria; le prime uscite istituzionali sul territorio che vivo da quando sono nato.

Eppure, calmiamo gli animi. Sappiamo come certe cabine di comando spesso siano dettate da altri “interessi”, piuttosto che guardare alla coerenza e la serietà del soggetto ipotizzato per quella poltrona. Fa piacere sentire la testata britannica The Economist, che sulle sue pagine loda Giorgia Meloni e la proietta come futura prima Premier donna d’Italia. Ed è importante leggerlo lì, poiché parliamo dello stesso settimanale che definiva Silvio Berlusconi come “politico inadatto a guidare l’Italia”.

Dopotutto, Giorgia è destinata a essere tra i personaggi europei di spicco nel 2022. Indipendentemente dalla Presidenza del Consiglio, pensiamo come giochi ruolo notevole con la guida dei Conservatori europei, la sua attuale battaglia con Ursula von der Leyen per difendere le tradizioni cristiane in Unione Europea, la sua opposizione – da sola con il suo partito Fratelli d’Italia – alle politiche di Mario Draghi.

Forse in quest’ultima frase si trovano le motivazioni sul “perché non sarà mai Premier in Italia”. La partita al premierato non si gioca solo con i voti di FdI (che continua a crescere, come dimostrano le Amministrative di Roma), ma bensì convincendo quella coalizione di Centrodestra a sostenerla, nonostante ora sia infatuata dal fascino di Mario Draghi. Ebbene sì, il pallone passa dai piedi di Silvio Berlusconi e Matteo Salvini, due leader che ora sembrano volere tutto tranne la rottura con l’ex Presidente della Banca Centrale Europea.

Il Centrodestra sul piano nazionale è diviso, in ambiguità che sicuramente hanno contribuito a una sconfitta anche sul piano delle elezioni locali. La Lega e Forza Italia si tengono ben strette i posti interni alla maggioranza di Governo, complessivamente per affrontare le proprie crisi interne di partito: chi deve fronteggiare discorsi legati a processi; chi deve riconfermarsi leader di un Partito e smarcarsi dall’insidia di Giancarlo Giorgetti; chi all’età di 85 anni deve comprendere come non sia più la guida di una coalizione per evidenti limiti anagrafici e seri problemi di salute.

Una condizione che dobbiamo tenere in conto, in primis per non illuderci. I numeri per portare Giorgia Meloni a quel ruolo, per la nostra Repubblica passano dalla salute della coalizione di Centrodestra… che ora è tutto, tranne che in buona salute. Dopotutto, lasciate alle spalle le elezioni di Roma, cosa ci ha lasciato questa esperienza elettorale? Una crisi della Lega e Forza Italia per le proprie ambiguità politiche, con i leghisti che si attestano al 5% e i forzisti che superano a malapena la soglia di sbarramento per eleggere un candidato al Comune.

Si può fare la guerra in questo modo? Assolutamente no!

 

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