La Lega europeista di Matteo Salvini

Roma – La Lega è cambiata, o meglio cresciuta e maturata. Un mutamento che era previsto, anche per mostrarsi più consoni all’interno del Governo presieduto da Mario Draghi.

E’ dal 13 febbraio 2021 che la realtà leghista ha visto svilupparsi questa metamorfosi, dove il bruco “anti-sistema” ha fatto posto a una farfalla europeista e di dialogo con il sistema.

Sarà uscita una bella farfallina? Non si sa, semplicemente perché i tempi non sono maturi per dire se certe strategie politiche vanno considerate come valide o meno.

La Lega ha compiuto il proprio processo di mutazione ieri sera, sostenendo a spada tratta la rielezione di Sergio Mattarella a Presidente della Repubblica. Quello stesso Presidente che tra il 2015 e il 2016 che accusava di essere “catto-comunista”, che non aveva portato l’Italia al voto e al referendum sulla Legge Fornero, che metteva veti sui ministri della Repubblica non allineati ai “diktat pro-Euro” di Bruxelles.

Oggi la Lega è cambiata, abbandonando la veste di “anti-sistema” e addobbandosi invece di tutti quei principi utili a entrare nel Partito Popolare Europeo: dialogo con le forze parlamentari; posizioni di accondiscendenza all’Unione Europea; ricerca spasmodica del sostegno di lobby e multinazionali; muro alle forze sovraniste.

Oggi la realtà leghista è questa, con pace di quei volti ex AN o post fascisti che l’hanno sostenuta fino a poche settimane fa. Matteo Salvini è sconfitto in una dicotomia prettamente di futuro del Centrodestra, non certo in virtù di aperture centriste.

Il leader leghista potrebbe essersi convinto di essere capace a raccogliere l’eredità politica di Forza Italia, nonostante Silvio Berlusconi non lo veda come erede – soprattutto dopo le dinamiche del Quirinale – e oggi si mostri ostile a un suo possibile premierato nel futuro.

Ma il tempo gioca dalla parte di Matteo Salvini. Davanti alle precarie condizioni di salute di Berlusconi, Forza Italia rischia di avere i minuti contati: un partito tenuto in piedi dal Cavaliere, che non avrebbe più necessità di esistere senza di lui e per mancanza di personalità al pari del suo livello (compresi i figli Pier Silvio e Marina).

Di Matteo Renzi neanche ne accenno, poiché dell’ambiguità politica sta facendo il suo punto di forza.

Oggi la strada si chiama Salvini, indipendentemente se ci creda realmente o meno in questa svolta centrista. Dovrà allineare però a un partito a questa strada, soprattutto guardando in quelle troppe frange nostalgiche della vecchia Lega Nord o ai mondi della Destra radicale presenti nel Centro-Sud e che al suo partito hanno portato migliaia di voti. Insomma, ogni strada porta a un Congresso di partito… sarà poi il destino a decidere se Matteo Salvini debba rimanere leader o meno.

 

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