Il Centro moderato al sapore di Green Pass

Roma – “Buongiorno, un Green Pass moderato, antifascista e con accanto un po’ di pistacchi, per piacere”.

Ormai la storia del bollino verde è diventata come la scelta dei gusti del gelato in una gelateria, dove ne puoi selezionare di tutti i tipi: Green Pass normale; Super Green Pass; Mega Green Pass; Green Pass illimitato; Green Pass al cioccolato e quello adatto alle digi-evoluzioni dei vostri Digimon.

Ormai c’è una Nazione imbambolata dal GP, in un vortice che ovviamente ha fagocitato senza troppa fatica una politica senza identità e soprattutto voglia di fare la differenza.

E’ bastato l’illuminato Mario Draghi per mettere sugli attenti tutti i partiti, che tranne qualche caso come Fratelli d’Italia e le sue leggere opposizioni, seguono l’attuale Premier in maniera fedele, succube e soprattutto senza porsi il dubbio di una reale “buona fede” da parte dell’ex Presidente della Banca Centrale Europea.

Morte le dicotomie politiche di Destra e Sinistra, oggi lo scontro dialettico si sofferma su “Sì Green Pass” e “No Green Pass, con una costante ghettizzazione di quest’ultima categoria, in barba alle leggi e la Costituzione.

Chi si oppone al bollino verde, oggi è etichettato come un eversivo. Un appellativo dove non servono più stragi e pistole per guadagnarlo, ma solo porsi domande verso una corretta utilità di questo mezzo di controllo.

Quesiti oggi sacrosanti, soprattutto quando si ha l’idea che il GP rimarrà in vita nonostante la fine dello Stato di emergenza. Rimarrà nelle nostre vite nonostante il calo dei contagi o addirittura la sparizione naturale del Coronavirus dal nostro Paese e – ci auguriamo – il resto del mondo. Rimarrà magari con rivisitazioni, magari per un ruolo fiscale e non più un mezzo di contenimento sanitario.

Insomma, un mezzo sul modello cinese in grado di monitorare ogni cittadino, capace di sbugiardare evasori fiscali o chi non potrà accedere al cinema perché non possiede i soldi per pagare le bollette o qualche debito bancario. Dalla dimensione sanitaria, si passa alla rieducazione economica forzata. Il tutto nell’Unione Europea delle libertà e che ogni anno ricorda la caduta del Muro di Berlino, prendendo le distanze – ma solo a parole – dalle realtà politiche incentrate su esperienze totalitarie.

 

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