L’almanacco dei morti di Burioni: lo spettacolo indegno della televisione italiana

Roma – Il professor Roberto Burioni continua a dare numeri, non solo sul piano delle sue teorie sanitarie, che da qualche settimana si esulano dal campo sanitario per sfociare anche nel territorio accademico della Giurisprudenza, del cinema e della buona televisione. L’ultimo siparietto del “divo televisivo” da Fabio Fazio, è stato quanto di più deplorevole messo in piedi dalla televisione italiana nell’ultimo decennio: un almanacco dei morti da Covid-19, senza nessuna fonte sui dati espressi e soprattutto senza l’ombra di un contraddittorio su determinate posizioni politico-sanitarie consigliate per il Paese.

L’ALMANACCO DEL MORTO – Ormai è palese come Fazio dia al “virologo televisivo” tutto lo spazio del proprio programma, se solo il “nuovo Divo della TV” gli chiedesse ciò. Non un dibattito scientifico, bensì tutto quello che pare essere un indottrinamento mediatico senza dati e soprattutto con teorie che già si sono dimostrate fallaci negli scorsi mesi. Oggi il problema non è dire “no al Green Pass”, oppure dire “no al vaccino”, bensì vedere le condizioni dell’Italia nonostante i vaccini e la “carta verde” siano richiesti ovunque per lavorare o effettuare attività di semplice svago. Perché nel monologo di Roberto Burioni, oggi manca una profonda autocritica sulle condizioni del Paese. Parla di centinaia di migliaia di morti in giro per l’Italia, di Comuni annientati, di persone cui la vita è cambiata radicalmente da quando si è ammalata di Covid-19: bene, ma lo Stato italiano cos’ha fatto per evitare tutte queste situazioni? Perché il Governo ha intenzione di prorogare ulteriormente lo “stato di emergenza”, nonostante il boom di vaccinazione e il metodo Green Pass ormai avviato in pieno regime (regime in tutti i sensi)?

BURIONI SE LA CANTA E SE LA SUONA… DA SOLO – La realtà è che Burioni “se la canta e se la suona da solo”, nella solita musichetta che ormai ci offre da un anno e mezzo. Monologhi televisivi degni della peggiore dittatura, dove lo spettatore viene visto anche male se prova a mettere in dubbio le “verità” del famoso virologo televisivo. Un tempo l’Italia era patria di democrazia, scambio di idee e dibattito costruttivo: oggi mandiamo sulla televisione di Stato scienziati più interessati alla carriera nel mondo dello spettacolo; che cambiano teorie a seconda del vento politico; incapaci di tenere un dibattito sulle condizioni sanitarie del Paese. Se questo è il meglio che può offrire come classe dirigente il Bel Paese, allora siamo destinati al peggio: quarta o quinta ondata di Covid; ancora migliaia di morti sulla coscienza; vaccinazioni ininterrotte fino alla fine dei nostri giorni.

 

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