Roma – Il caso legato a Selvaggia Lucarelli ci costringe a fare una considerazione: nel 2021, che ruolo riveste il giornalista nel palcoscenico italiano?
Perché quello che è capitato, probabilmente è da considerarsi l’antitesi della deontologia professionale di chi vuole fare informazione. Sia chiaro, in Italia non è nuova la figura del giornalista fazioso, che magari indirizzato dalle frange di Sinistra monta – e non uso volutamente il termine “cerca” – uno scoop verso chi non condivide il “pensiero dominante” del momento. Ricordiamo bene i reporter di Fanpage ad Acca Larentia, chi inscenarono siparietti grotteschi pur d’immortalare un saluto romano davanti la targa di commemorazione a Franco Bigonzetti, Francesco Ciavatta e Stefano Recchioni.
Allo stesso modo, potremmo rimembrare l’arrivo di Gad Lerner a Pontida per La Repubblica, dove le provocazioni al folto pubblico leghista gli costarono sputi, cori antisemiti e calorosi fischi. Più recente, ma forse meno noto, il caso di Saverio Tommasi: come inviato di Fanpage, decise d’immortalare una manifestazione “no Green Pass” presso piazza della Signoria a Firenze. Peccato sia caduto nel suo solito vizietto professionale: provocare delle persone che – lecitamente – non la pensano come lui; arrivare a esasperare gli animi; prendere un po’ di legnate da qualche facinoroso e montarci un servizio… che ovviamente ben si distoglie dalla verità dei fatti e l’obiettivo di quella manifestazione.
Il caso di Selvaggia Lucarelli ha profonde analogie con il fatto accaduto al collega fiorentino: una piazza “no Green Pass” all’interno del Circo Massimo di Roma; numerose provocazioni ai manifestanti; l’ira di un facinoroso, che arriva a tirargli una testata sul cellulare.
Ieri sono andata al Circo Massimo per la manifestazione no vax con cappello, occhiali, mascherina. Nessuno sapeva chi fossi. Per il solo fatto di chiedere “perché è qui oggi?” sono stata aggredita in ogni modo possibile (denuncerò). Presto il video integrale su @DomaniGiornale pic.twitter.com/9KYg6MvmP8
— Selvaggia Lucarelli (@stanzaselvaggia) November 21, 2021
La violenza va sempre condannata, ma anche questo metodo di “giornalismo profano” andrebbe abolito. Oggi troppe firme pensano a svolgere un ruolo politico nell’analizzare l’attualità italiana, dimenticandosi la base della professione: raccontare un fatto. Se qualcosa narrano, è sempre un copione che prova a mettere in cattiva luce tutti gli avversari politici del Partito Democratico.
Servizi che ovviamente i democratici ripagano bene: dalla dimensione di celebre giornalista/scrittore alla Saviano; al ruolo di opinionista politico ricercato in televisione come Antonio Capranica o la stessa Selvaggia Lucarelli; alla promessa di uno scranno come Sandro Ruopolo o in passato Lilli Gruber.
Allora la domanda è d’obbligo: in Italia possiamo ancora considerare giornalismo tutto ciò?
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