“Gli anni belli” e la sua ode alla politica da centro sociale

Roma – “Gli anni belli” è la perfetta fotografia della politica da centro sociale, fatta da militanti che seguono una determinata linea solo per senso di ribellione, dare fiato alle trombe e marinare la scuola.

Nulla contro chi fa politica come senso di ribellione a un sistema marcio, ma questa si deve fare con pratici mezzi: lo studio; la coscienza; il senso critico; la costruttività delle iniziative.

La protagonista della storia, Elena (interpretata da Romana Maggiora Vergano), è l’emblema di come non si dovrebbe fare politica, tra manie di protagonismo, non accettazione della sua giovanissima età anagrafica e alla disperata ricerca dell’attenzione altrui.

Dalle assemblee studentesche di qualche locale occupato a Roma, fino a movimentista contro le regole di un villaggio turistico. Insomma, tutto è lecito pur di apparire più grandi, più intellettuali e farsi accettare da persone realmente più mature da lei.

Puoi manifestare per i bagni pubblici a 400 lire, i tavoli del bar che possono essere utilizzati solamente in caso di consumo oppure difendere l’attività di un venditore abusivo all’interno del campeggio, il tutto magari rivangando il dogma damilaniano che “lo pseudo intellettuale di Sinistra e in seno alla sua superiorità morale, deve indicare la Via”… ma la realtà pende da un’altra parte. “Non si vive d’ideali” viene ricordato a Mario Nardone nei Selvaggi, film dei fratelli Vanzina e reso immortale dall’interpretazione di Antonello Fassari. Bene, anche Elena impara – a modo suo – questa condizione durante le vicissitudini del film.

Sono quegli stessi “compagni” che la portano a prendere coscienza di ciò, facendole comprendere come la “lotta” deve guardare a una direzione e non può essere improvvisata. Ma soprattutto va compreso il senso della “resistenza”, troppo spesso abusato e speso solo per colmare degli interessi personali. Per esempio, infrangere le regole del villaggio per far pesare l’anticipo dei soldi versato all’imprenditore in cambio di un servizio richiesto (e quindi non denari estorti), ma non certo una lotta in favore della libertà altrui o la necessità di evidenziare le bizzarrie di un’attività turistica alla Berlusconi.

Insomma, ogni immagine di quel film mi rimanda alle vecchie battaglie politiche di una Destra universitaria contro liste come Link, dove gli amici dei Collettivi parlavano di “ideali”, ma ben poco di situazioni concrete e utili ad aiutare gli studenti. Erano quelli dei volantini senza nessun nome firmato, degli “a morte i Fascisti nelle Università”, delle aule studio trasformate in porcili tra bottiglie di birra e degrado, dai rave al Pratone della Sapienza.

In Elena rivedo questo modo di far politica, in una ragazza senza responsabilità perché figlia di papà – docente di Greco – e cresciuta in una famiglia dal chiaro stampo sessantottino. Un’adolescente che in peggior realtà non poteva nascere, creando quasi un senso di compassione in un attento spettatore che convintamente non vota a Sinistra.

Nel film di Lorenzo d’Amico De Carvalho, le critiche non possono concentrarsi solamente alla sfera della Sinistra studentesca ripresa. Anche il villaggio turistico, è una chiara critica e caricatura del sistema capitalistico firmato Centrodestra. Il film ambientato nel 1994 e in prossimità della finale calcistica Italia-Brasile, si sviluppa nel resort “Bella Italia”, di chiaro richiamo a Forza Italia e alla prima propaganda elettorale di Silvio Berlusconi.

Sarò proprio il proprietario a immedesimarsi negli atteggiamenti del Cavaliere: manifesti giganti che lo ritraggono in giro per il villaggio; illudere il cliente di un finto benessere; cercare di monetizzare il più possibile per investire e aumentare ulteriormente il proprio guadagno.

In tutto questo, è difficile parteggiare con qualcuno dentro questo film: da una parte vorresti chiudere un villaggio estivo al sapore di grave abuso edilizio; dall’altra chiudere la bocca a un’antenata di “gretina” per le fallaci proposte politiche e perché incapace di aggregare anche chi è realmente di Sinistra in quel minestrone.

Un film terribile… buon per essere visto in qualche cineforum organizzato da un Collettivo!

 

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