Il Marforio presenta: “Il male non esiste”

Roma – Vedere “Il male non esiste”, mi ha riportato alla memoria le parole di Hannah Arendt nel suo libro “Le banalità del male”. La scrittrice diceva in merito: “Le azioni erano mostruose, ma chi le fece era pressoché normale, né demoniaco né mostruoso”.

In un film di denuncia sullo stato di violazione dei diritti umani in Iran, una citazione simile riassume tutta la potenza del film. Il lungometraggio girato dal regista Mohammad Rasoulof, riassume magistralmente come un uomo normale può diventare un assassino, un torturatore, un boia o addirittura un eroe che si oppone a questo sistema marcio iraniano.

Il film racconta storie inerenti queste sfere, divise in quattro capitoli: “Il diavolo non esiste”; “Lei ha detto: lo puoi fare”; “Compleanno”; “Baciami”. Storie con dimensioni diverse sullo sfondo, ma che hanno un unico filo comune: la possibilità di scegliere. In questo caso, optare per divenire complici del Governo iraniano o rifiutare di diventare dei “boia” al loro servizio, in cambio di un esilio nelle zone più remote del Paese.

Nel film rientrano alcune logiche legate al regime di Adolf Hitler, dove il soldato veniva costretto a fare del male per una forte propaganda politica, il credo ideologico e soprattutto le pesanti ripercussioni cui sarebbe andato incontro se avesse rifiutato un simile ordine da parte dei suoi superiori. Nonostante non ci troviamo più nell’epoca nazista, oggi tale scenario lo ritroviamo nelle stesse caratteristiche anche nell’attuale guida politica dell’Iran.

Padri di famiglia che di giorno sono mariti esemplari e persone amorose con moglie o figlia, ma che poi la notte si trasformano in mietitori capaci di togliere la vita a decine di persone. Soldati che in cambio dei tre giorni di licenza per vedere la propria fidanzata, devono trasformarsi in boia e giustiziare qualche carcerato… questi, spesso colpevole solo di essere un oppositore politico.

Mohammad Rasoulof torna a farci vedere un aspetto poco noto dell’Iran e addirittura trascurato dalla politica internazionale: la continua e inarrestabile violazione dei diritti umani nell’odierno Stato guidato da Ebrahim Raisi. Lo fa avendo alle spalle censure nel Paese iraniano, dopo aver fatto il carcere per portare avanti la propria arte e raccontare gli scandali che avvengono nella propria terra natia. Ancora oggi, il regista ha un divieto di uscire dall’Iran, con l’accusa di “mettere in pericolo la sicurezza nazionale” e di “diffondere propaganda contro il Governo”.

 

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