Il Delicatissimo – Ufficiale e gentiluomo… e pure Salvini

Roma – Al processo di dicembre che imputa l’ex ministro dell’Interno parteciperà anche Richard Gere per Open Arms: impazza così il gioco della “visibilità”, quella di Salvini però.

Sottoscrivo quello che dice Annalisa Chirico sul processo Open Arms: una farsa e, sempre lei, l’Italia un unicum mondiale. Le domande, che pone la giornalista, poi sono ancora più stringenti a dimostrazione della tesi che tutta la vicenda tocca un certo livello di assurdità: chi è che dovrebbe decidere l’entrata o meno di migranti nel nostro paese? Il governo? I trafficanti scafisti? Gli attori? Sì, ci sono anche gli attori, o meglio l’attore; uno con la “A” maiuscola. Il punto più alto di questo spettacolare vicenda “politica”, vede adesso la partecipazione di un pezzo da novanta del pantheon hollywoodiano: Richard Gere.

Esatto! Uno tra i più affascinanti uomini del grande schermo, uno tra i volti intramontabili del cinema contemporaneo, entra “a gamba tesa” sul processo che vede incriminato Matteo Salvini, ex ministro dell’Interno e leader della Lega. Il suo ruolo sarà proprio quello di testimoniare contro il capo del Carroccio che, in effetti, di questi tempi non se la passa proprio benissimo.

Vicenda surreale, appunto, ma, sia chiaro, siamo in Italia e francamente di questi tempi ormai non mi stupisco di niente: dalle presunte ammissioni di onestà e verità di Formigli; allo scioglimento “sì/no” di Forza Nuova; fino al presunto uomo analizzatore di onde oscillatorie della Lamorgese… Beh, per me ormai è tutto così naturale che fa quasi noia la partecipazione di Gere. A dirla tutta, sulla sua discesa a Palermo spero vivamente che almeno nella suddetta testimonianza spunti qualche dettaglio piccante parafrasato qua e là: cose del tipo un flirt qua e là con Julia Roberts sui set di “Pretty Woman” o “Se scappi ti sposo”, o l’intimo della prima moglie Cindy Crawford.

Vabbè, un po’ di piccante ci vuole, in un processo che di per sé è già una barzelletta che si dimena nelle solite dinamiche anti-Salvini che hanno contraddistinto e contraddistinguono il PD e ciò che rimane del Movimento Cinque Stelle.

La riflessione scorretta che mi sento di muovere non è però a sfavore di Richard Gere: sì, forse ha ragione Giorgia Meloni quando difendendo il suo “alleato” (forse, vai a capire di questi tempi …),  dice che l’attore americano in fondo cerca solo un’occasione di visibilità, però in questi ultimi anni chi è che nei fatti ha monopolizzato l’attenzione dei media a tutti i livelli? E chi, nei fatti, ha incentrato proprio sulla visibilità un punto forte della sua strategia non tanto mediatica ma soprattutto politica? Chi ha fatto dei movimenti sui social dei parametri sensibili su cui dipanare i temi della campagna leghista? Sì, proprio Matteo Salvini.

Cerchiamo di essere chiari: Gere non è nuovo ai giochi dell’attivissimo, anzi sono famose le sue battaglie per l’indipendenza del Tibet o la personale posizione sull’Iraq; egli è come la maggior parte dei suoi colleghi hollywoodiani, un artista impegnato a 360° coinvolto tra fondazioni, giri di donazioni e, ovviamente, ONG. Perché stupirsi? La “novità” in Italia è Salvini stesso; una novità che è croce e delizia della sinistra attuale, perché se da un lato la Bestia e la polarizzazione sui social sono stati il cruccio con cui il PD non ci si raffazzona, dall’altro il leader con i suoi balzi pindarici da “personaggio” sono l’assist con cui ferirlo. Possiamo dirlo? Matteo ha dimostrato negli anni di valere più come showman/influencer che come politico vero e proprio. In Lega ormai un po’ tutti sanno che il vero stratega può essere Giorgetti e non Salvini e le ragioni stanno proprio in quella visibilità ossessiva ostentata sulle piattaforme: dalle citofonate; ai non so quanti selfie a se stesso; con la figlia; con il piatto di pasta; con l’operaio di fabbrica; con l’immigrato che ce l’ha fatta; fino alle scenette patetiche con Barbara D’Urso, a recitare preghiere dove l’unico vero atto di fede sarebbe stato chiamare un esorcista.

A dicembre arriva il processo Open Arms, non distantissimo tra l’altro dalla disfatta leghista alle amministrative, eppure Salvini non cambia, bensì sembra non vedere la minaccia ma il palcoscenico. Più attore dello stesso Gere, sta lì a puntare tutto sull’assurdità di tutta la vicenda: per carità è giusto, ma è anche una difesa un po’ sterile, soprattutto ora che la gente ha dimostrato che i like sono una cosa e il giudizio di popolo è ben altro. Dove sta l’azione politica concreta a difesa di se stesso? Boh … Mi verrebbe da scommetterci 10 euro e una pizza che non mancherà proprio il proverbiale selfie insieme a Richard Gere.

Ribadisco quindi il mio consenso al commento della Chirico: una farsa, un’assurdità, ma mi sento di aggiungere una cosa. Il nodo è a monte, è prima dello svolgimento dei fatti. La prova farlocca è lo sguardo politico assente sulla vicenda, sostituito a uno sguardo televisivo concentrato sull’audience – visibilità appunto – che potrei capire dai vari desiderosi boia di Salvini, da Richard Gere per l’appunto, ma non lo concepisco da Salvini stesso.

 

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