Giù la maschera: il finto centrismo di Calenda viene a galla

Roma – Alle vecchie Amministrative romane, qualcuno si era fatto abbindolare dalle parole di Carlo Calenda: la parlantina di un politico preparato e con progetti per il rilancio della Capitale; un leader  che finalmente bucava lo schermo e realmente si poneva come un contendente credibile a Virginia Raggi o Roberto Gualtieri; un progetto che sembrava strizzare gli occhi ai delusi provenienti dagli ambienti politici di Centrodestra e Centrosinistra.

Nonostante il leader di Azione considerasse Roma solo all’interno del perimetro dei Parioli, si era creato l’immagine di un candidato politico serio, preparato e in grado di avvicinare le masse. Non è un mistero come la sua lista nelle ultime Amministrative, ha visto il suo simbolo come il più votato sul territorio capitolino con 219.878 voti e il 19,8% di percentuale. Un ballottaggio perso immeritatamente, con il Enrico Michetti e Gualtieri saliti al secondo turno solo per le logiche di coalizione.

IL GRADUALE DECLINO VERSO IL PD

Se un vincitore morale ci fu alle Amministrative di Roma, quel nome fu di Carlo Calenda. Ma neanche il tempo di stappare lo spumante nei circoli capitolini di Azione, che già nel neo-partito centrista sorgevano problemi di organizzazione e visibilità.

A crearli lo stesso leader di partito, che snobbava il ruolo di consigliere comunale e annunciava dimissioni, poiché sosteneva che “la sua persona non era adatta al Campidoglio per non fare il Sindaco”: alla faccia dell’umiltà!

Da questo momento, iniziano le tribolazioni intorno al “caso Calenda”: rimane consigliere comunale o si dimette? Un teatrino che va avanti per settimane, ovvero tempi utili per dare voce – come opposizione – a quei tanti buoni propositi che Azione andava propagandando in campagna elettorale per la città di Roma.

Vincerà alla fine la linea delle dimissioni di Carlo Calenda, che giustificherà la decisione per “i troppi impegni con il Parlamento Europeo”. Di questi impegni non era informato già prima di candidarsi alle Comunali? Ma andiamo avanti.

Con le dimissioni di Carlo Calenda, di pari passo avanza il ridimensionamento di Azione all’interno del Campidoglio. Il gruppo diventa un alleato fantasma del Partito Democratico, rimanendo all’opposizione solo per stimolare l’azione governativa della giunta Gualtieri. Nei fatti, su tantissimi atti votano a favore con la maggioranza ed – eccetto rari casi come Ostia col consigliere Andrea Bozzi e Garbatella con la consigliera Simonetta Novi –  evitano di fare la voce grossa verso la compagine di Centrosinistra capitolina.

Una linea che porterà alla spaccatura con il gruppo di Italia Viva, che per le Amministrative inseriva i propri candidati all’interno della lista di Azione. Nodo della discordia la Commissione Speciale sull’Expo con la guida di Virginia Raggi: Calenda decide di sostenerla a presidentessa dell’organo, nonostante in piena campagna elettorale abbia fortemente criticato l’ex Sindaca di Roma in tutte le salse. Un’iniziativa che i consiglieri di Matteo Renzi non accettano per forma di coerenza, con  Valerio Casini e Francesca Leoncini che usciranno dal gruppo consiliare di Azione per creare quello di Italia Viva al Campidoglio.

IL RITORNO DI FIAMMA TRA LETTA E CALENDA

Nonostante Carlo Calenda avesse sempre parlato pubblicamente di un progetto politico legato al “grande Centro”, dietro i riflettori le acque si muovevano in un’altra direzione.

Il leader di Azione valutava un accostamento vicino al Partito Democratico, sognando un Centrosinistra con una forte trazione centrista alla spalle: un forza che poteva benissimo essere rappresentata dallo stesso Calenda.

Questa, una suggestione fattasi più nitida in vista delle imminenti elezioni del 26 settembre: da una parte la necessità di ricollocarsi all’interno del Parlamento con una certa sicurezza, dall’altra l’obiettivo di arginare l’avanzata del Centrodestra con Giorgia Meloni. Davanti a un simile scacchiere, ha prevalso l’opportunità di entrare quasi tranquillamente in Parlamento.

Dopotutto, un Partito che oggi – insieme a +Europa di Emma Bonino – si stima dai sondaggi tra il 3 e il 6%, concorrerà in 11 uninominali per il Centrosinistra (probabilmente tutti perdenti, ma sarà il tempo a dirlo). Ma soprattutto, rientra dettando la linea del Centrosinistra in vista delle elezioni: l’agenda Draghi o il complicare la rielezione di Luigi Di Maio e i suoi compagni di partito, sono solamente uno dei tanti spunti messi da Calenda al tavolo con Letta.

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