Strage di Bologna, da 42 anni viene negata la Verità

E’ sempre difficile parlare della Strage di Bologna, in un evento drammatico che è considerato come il più grave attentato terroristico mai svolto nella storia d’Italia. Una tragedia immane che coinvolse oltre 200 persone ferite e 85 morti, ma soprattutto fece intuire – perché verità e chiarezza non ci sono mai stati in 42 anni di processi e indagini – le logiche della strategia politica del terrore e della tensione.

Oltre al sangue degli innocenti versato, non è un mistero come sul caso s’intreccino i percorsi della massoneria, l’azione dei servizi segreti, intrigati scenari legati alla diplomazia internazionale, accordi economici, gli interessi del Governo guidato dall’esperienza Cossiga II e lo Stato sotto la presidenza della Repubblica di Sandro Pertini.

Un bel calderone, in un percorso che anche sul piano cronologico e storico era già di per sé difficile da delineare. Contiamo pure come dentro questo puzzle stragista mancassero dei tasselli, per via del segreto di Stato su alcuni dossier (ancora oggi presente, oltretutto), il risultato finale non può certo delineare una verità assoluta sui fatti avvenuti.

Dopotutto, l’epoca dei fatti delinea l’apice della violenza stragista in Italia, condizionata non solo da movimenti eversivi attivi nel nostro Paese a ridosso degli Anni ’70 e ’80. In tale frangente, come mostreranno poi documentari o serie televisive ispirate a quel momento storico, c’era anche una formazione di Governo pronta a tutto per conservare il potere in Italia. Non solo un passaggio dalle urne elettorali con il voto del popolo, ma anche un consenso costruito – come dimostrato anni dopo – attraverso legami più o meno palesi con forti realtà criminali, logge massoniche e poteri occulti di questa Italia.

Scoperchiare un simile “Vaso di Pandora” all’epoca dei fatti, di certo avrebbe scatenato moti da guerra civile (se già questa non si può definire tale). Oggi, senza determinati dossier sulla Bologna del 2 giugno 1980, è irrilevante per lo storico partorire conclusioni affrettate: l’ipotetico attentato di pista palestinese; l’intrigato triangolo geopolitico che legava l’Italia, Malta e la Libia guidata da Muʿammar Gheddafi; il complotto della Loggia P2; scenari che implicavano le realtà criminali italiane (tra cui la Banda della Magliana) fino ad arrivare all’azione dei servizi segreti.

In una vasta scacchiera d’interessi, ancora oggi è difficile definire ciò che è vero piuttosto che una verità lontana dalla realtà dei fatti avvenuti. Quel che è certo, fu la strategia di Governo nel dipingere un responsabile della strage. In questo senso, venne partorita la matrice nera, utile a demonizzare – ulteriormente – il mondo neofascista: una mossa mediatica, per i modesti mezzi dell’epoca, che evitò il crollo elettorale dei partiti della maggioranza dell’epoca e soprattutto plasmò la figura di un nemico del popolo, oltre che della sua democrazia.

Avvicinandomi alle conclusioni, però questo spinge verso una riflessione direi più storica che politica. Al di là della forte matrice comunista che ha condizionato la Giustizia italiana, soprattutto nella sfera del penale, bisogna tenere conto di altri aspetti a mio parere. Non per essere “avvocati” della sfera neofascista con la nostra Associazione, ma neanche possiamo berci la “trama nera” degli Anni di Piombo. Basti pensare una cosa: anche un ex Presidente della Repubblica come Francesco Cossiga, nel 1991 si è pentito di aver battuto la pista neofascista sui fatti della Strage di Bologna. Un uomo che, a differenza di noi comuni mortali, sicuramente ha letto determinati dossier ancora segretati e sicuramente raggiunto una verità dei fatti completa riguardo quell’avvenimento. Un diritto che ugualmente andrebbe dato in primis ai parenti delle vittime e anche ai cittadini italiani.

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