Tanti nomi candidati per le Europee 2024: dopo il generale Roberto Vannacci, anche la premier Giorgia Meloni. Ma gli italiani conoscono questa elezione?
Giorgia Meloni ha ufficializzato la candidatura alle Europee 2024. La notizia era nell’aria da mesi, in una conferma che è arrivata ieri mattina alla conclusione della conferenza programmatica di Fratelli d’Italia a Pescare. Una mossa che gioca a favore di duplici fattori, personalmente non tutti obbligatoriamente legati alla scena politica.
Grandi nomi per le Europee: il voto c’interessa o no
Se la candidatura di una Premier è una mossa forte e con duplici risvolti, vi è anche un fattore di mediatico dietro queste elezioni. Infatti ci si candida per un organo, l’Europarlamento, che gli italiani non sentono: non nutrono interesse per le dinamiche legate all’Europarlamento, in un voto che senza grandi nomi potrebbe rischiare livelli di astensionismo da record. Perché, almeno da noi, non c’interessa nulla della politica locale e nazionale (e si vedono i risultati), tantomeno può intrigarci un qualcosa che vediamo come estranei ai nostri confini e lontano dalla vita di tutti i giorni.
L’Italia snobba l’Unione Europea
Sarà il Covid o semplicemente le politiche di austerità allo slogan di “Ce lo chiede l’Europa”, ma a noi l’Unione Europea non piace e non la troviamo utile. Un sentimento che i partiti italiani conoscono da tempo, cercando quindi di candidare un “grande nome” per portare persone ai seggi e non andare incontro alla debacle per via dell’astensionismo. La Meloni si candida in Fratelli d’Italia, il generale Roberto Vannacci dentro la Lega, il Partito Democratico gioca il tridente Lucia Annunziata-Cecilia Strada-Elly Schlein, Cateno De Luca pesca addirittura Capitano Ultimo con Libertà, Alleanza Verdi Sinistra arriva a candidare Ilaria Salis.
L’italiano ignora la funzione delle Europee
Per un organo dove la stragrande maggioranza delle persone ignorano utilità e funzione, i partiti giocano sui singoli nomi che possono raccogliere voti da Aosta a Palermo: vincono le facce, piuttosto che i reali programmi per convivere o provare a cambiare l’Europa. Una solfa che va avanti da anni (in passato abbiamo mandato a Bruxelles anche Iva Zanicchi), ma non quest’anno forse si è voluto esagerare senza freno in questa direzione.
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