Antigone, il coraggio di una ragazza che combatte l’ingiustizia

Roma – Antigone è l’ultimo lavoro cinematografico della regista Sophie Deraspe, che per l’occasione s’ispira a una storia vera per la sua pellicola. Una narrazione che viaggia sui binari del multiculturalismo in terra canadese, la gioventù ribelle, l’ingiustizia, l’abuso di potere, la voglia di giustizia e soprattutto di libertà.

ANTIGONE E LA SUA FAMIGLIA – Antigone (interpretata da Nahéma Ricci) è una giovane studentessa minorenne, di origini algerine e che fa prevedere un futuro brillante davanti a sé. Orfana di madre e padre, vive con la nonna e i suoi fratelli: una sorella e i due fratelli Eteocle (Hakim Brahimi) e Polinice (Rawad El-Zein). Una classica famiglia immigrata in Canada, molto unita e che trova la felicità nelle piccole cose: lo stare insieme o anche un ballo che riporta alle loro origini arabe. Un equilibrio forte e che si stravolge alla morte del fratello maggiore Eteocle, ucciso per mano della Polizia dopo che gli agenti avevano sgominato un giro d’azzardo tra i giovani del quartiere. In un frangente già di suo tragico, verrà arrestato anche Polinice, incarcerato con l’accusa di aver aggredito il poliziotto che ha fatto partire il colpo.

LA REAZIONE A UN’INGIUSTIZIA E LA RICERCA DELLA LIBERTA – Da questo punto, la storia cominciamo a vederla bene dagli occhi di Antigone, in un fatto che oggettivamente la scuote nella psiche e nel suo attivismo politico. Cambia look, arrivando a somigliare profondamente al fratello Polinice. Proprio questa somiglianza, gli consentirà di scambiarsi con il fratello in carcere – durante un incontro – e da lì iniziare un duro percorso per riacquisire la sua libertà, in fin dei conti ingiustamente sottratta. Forse da questo momento avviene un’ulteriore maturazione di Antigone, capace di infrangere le regole per l’amore della famiglia, prendere coscienza sulla durezza della vita in carcere e lontana dai propri cari, diventare consapevole di come debba lottare per riacquisire i propri diritti.

COSA CI RACCONTA SOPHIE DERASPE – Il film si dimostra come un perfetto focus riguardo la vita dello straniero all’interno di quartiere “ghetto”, dove le proprie tradizioni si mischiano con un contorno criminale in alcuni casi. Un mondo che Antigone vede benissimo dai suoi occhi, dove prima viene celebrata come studentessa modello e successivamente come persona che ha aiutato il proprio fratello a evadere. Una narrazione che oltre a far vedere una ragazza forte e coraggiosa (o quantomeno costretta a esserlo), ne sottolinea anche una presunta ingenuità nei confronti del fratello: nella carcerazione di Polinice vede un abuso di potere, non dubitando nemmeno un secondo che la vita criminale del fratello potesse attirare l’attenzione dei poliziotti. Ma sull’onda del Black Lives Matter, possiamo vedere come gli agenti di Polizia partono prevenuti con i cittadini stranieri, ovvero i “non canadesi”. Eteocle viene freddato perché sembrava tirasse fuori un’arma dalla sua tasca davanti agli agenti, mentre si limitava a uscire fuori il proprio telefonino per registrare un palese caso di abuso di potere. Antigone che viene vista come un “rifiuto”, mai presa sul serio e costretta a scegliere tra l’amore per la sua famiglia o la cittadinanza per rimanere in Canada. L’anziana nonna dei ragazzi, addirittura additata come persona che nascondeva un evaso di prigione. La sorella di Antigone, costretta dalla giustizia canadese a scegliere tra la fedeltà ai suoi familiari o provare a realizzare i suoi sogni in quel Paese.

Un film che fa riflettere, accendendo la lampadina sulla dimensione dell’ingiustizia e di quali portate può raggiungere. Antigone col proprio sguardo magnetico e la voglia di non mollare mai, ci mostra un Québec sconosciuto ai tanti. Una pellicola che fa d’amplificatore alle voci degli inascoltati, ma che soprattutto fa da inno alla resilienza e il coraggio. Perché serve anche una dose d’incoscienza per andare contro alla Giustizia, specialmente in casi dove è palese l’ingiustizia ai danni di una o più persone.

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