Mattarella, il Presidente della Repubblica delle Tasse

Caro Presidente Mattarella,

Ho ascoltato con profonda attenzione il discorso che ha svolto nella sera dell’ultimo dell’anno. Tanti discorsi condivisibili, altri ripetitivi fino alla noia, come quei buoni propositi che ogni anno poi sfumano puntualmente.

Certo, proprio non ho digerito quella considerazione del “buon italiano”. Quel “sei un bravo cittadino solo se paghi le tasse”. Non ci voglio stare, soprattutto in un Paese che incassa tanti soldi dai propri contribuenti, ma poi puntualmente non rende nessun tipo di servizio indietro.

Oggi l’Italia, caro Presidente, è il quarto Paese europeo con la più alta pressione fiscale. Davanti a noi solo Danimarca, Francia e Belgio. Paesi dove le tasse costano, ma in termini di assistenza e servizi stanno avanti a noi anni luce.

Qui invece paghi tasse su tutto: su 1000 euro di stipendio, 200 li regali allo Stato, magari in professioni dove nemmeno ti viene riconosciuto un sindacato. Ti tassano i beni alimentari, la benzina che ormai è un lusso di sempre meno persone, le bollette non ne parliamo proprio.

Oggi, l’Italia invece di essere una “Repubblica fondata sul Lavoro”, sembra aver coniato il nuovo slogan di “Repubblica fondata sulle tasse”. L’immagine di uno Stato usuraio, capace di succhiare dagli onesti cittadini e lasciare arricchirsi i soliti intoccabili.

Presidente, non è un inno all’evasione fiscale questa lettera. La considerazione di un cittadino che paga puntualmente ogni tassa, osserva la città e il potere d’acquisto dei suoi concittadini. Cosa ci offre lo Stato in cambio? Una sanità pubblica al collasso. Fior di città, in primis Roma, lasciate al degrado. Mezzi pubblici fatiscenti. Servizi di ogni tipo ai limiti dell’indecente o addirittura inesistenti. Una scuola diventata per pochi, tra il costo proibitivo dei libri e le strutture pubbliche mal tenute.

Presidente, l’anno prossimo esca dal Quirinale. Si faccia una passeggiata al mercato o nelle vie del quartiere Esquilino. Vedrà con i suoi occhi di come la realtà, a differenza del discorso che le hanno scritto, è ben diversa da quella che ha dipinto.

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