La cronaca nera marchia la nomea di una Città?

Quando venne creato il Marforio, si pensò a una realtà non conforme dove fare anzitutto cultura. Una cultura non convenzionale, controcorrente, spesso definita “inopportuna” nei salotti buoni delle nostre città. In tale dimensione, oggi cerchiamo di riflettere sul mondo del giornalismo e in questo particolare caso, su quello legato alla cronaca nera.

In una moda del tutto italiana, per qualche ragione inspiegabile un fatto tragico segna la nomea di tutto il territorio di dove avviene quella sciagura. Quindi se nella città “Zeta” una persona ne uccide un’altra, magicamente tutti gli “zetini” diventano sanguinari assassini, con un danno d’immagine considerevole.

Parlando di fatti concreti, Ostia ne è il degno esempio. Per le infiltrazioni mafiose che portarono allo stato di commissariamento dell’intero X Municipio di Roma Capitale, qualche politico, sostenuto anche da qualche cronista, etichettò come mafiosi tutti e 300 mila abitanti da quel territorio.

La ricerca ossessiva della notiziabilità ed esche per attrarre l’attenzione dei lettori, spesso sforna pagine di calunnie piuttosto che un reale articolo di giornale. Eppure, tutte le scuole di giornalismo ci insegnano la verifica delle fonti, l’indagine sul posto dei fatti avvenuti, il tatto nel trattare certi argomenti.

Eppure, tali metodi sembrano perdersi una volta usciti dalle scuole di formazione. Si guarda solamente all’incremento della visibilità e delle visualizzazioni, in percorsi pericolosi che rischiano di marchiare un territorio se non si racconta una verità insindacabile e si usano i “piedi di piombo”.

Sulla cronaca nera, a mio modesto parere, negli ultimi anni abbiamo visto una rincorsa allo status di “voce autorevole dei fatti” da parte di molteplici giornalisti, in primis Roberto Saviano. Ho visto mettere sul piatto più argomentazioni per cercare le telecamere e l’invito a programmi televisivi, piuttosto che un reale interesse all’approfondimento di qualche tragico fatto. Omicidio, fatti di criminalità o mafia.

In tutto ciò, all’intrattenimento televisivo dobbiamo, per forza, guardare l’altra faccia della medaglia. La distruzione di un territorio dove l’utenza, ovvero i lettori, in merito alle congestione populiste etichettano i fatti come di “tutta l’erba un fascio”. Allora i turisti vanno via, le aziende crollano e gli investimenti, da parte di agenti esterni o stranieri, vanno completamente evaporandosi. Un danno politico, sociale ed economico.

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