Andando controcorrente: la Fiamma non si discute

Ne avevo viste tante in politica, ma mai che un partito – per altro avversario – decidesse il simbolo di un proprio competitor.

Se una cosa del genere doveva avvenire, poteva accadere in Italia. E così è stato. L’appello della senatrice a vita Liliana Segre – ormai organica al Partito Democratico nella forma) – nel chiedere a Giorgia Meloni di rinunciare alla Fiamma nel simbolo di Fratelli d’Italia, prende questa forma bizzarra.

Bizzarra anzitutto per una questione puramente istituzionale. Dopotutto, questo appello lo lancia una senatrice a vita, ovvero un’istituzione che dovrebbe essere super partes dalle logiche partitiche, dimostrando di sedere in Senato per oggettivi meriti verso la nostra Patria e non soggettive simpatie politiche.

C’è poi la dimensione democratica delle elezioni: un partito e una persona cercano di influenzare la stesura del programma e del simbolo di una determinata realtà politica. Scene che ci riportano al totalitarismo più oscuro del Comunismo, dove vigevano le logiche del “partito unico” e della messa al bando per gli avversari politici.

Se un mondo della stampa decanta la senatrice Segre, noi vogliamo andare controcorrente. Sottolineare la pericolosità di quelle sue dichiarazioni, quasi d’imposizione per poter partecipare alla sfida elettorale. Della serie, “o fai come ti dico, o ti metto il bavaglio elettorale e mediatico”. Concetti che palesano la deriva sociale e democratica dell’Italia.

Ma intanto i mass-media la osannano! Fortunatamente FdI si è disinteressata del consiglio della Segre, consegnando ugualmente il proprio simbolo con la cara Fiamma: alla faccia della Senatrice e dei finti Democratici!

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